domenica 15 febbraio 2015







Ecco un posto dell'anima dove da sempre vado a camminare

A questo paesaggio dedico il seguente post, già pubblicato ne "Il liofante"  del febbraio del 2012

 

Paesaggi ed Essere 

In questi albori ancora invernali di Primavera, con i tappeti gialli di primule sui campi e le giornate sempre un po’ più lunghe, l’occhio è attirato dall’osservazione, in silenzio, della Natura.  Spesso quando vado a camminare amo ascoltare la musica, ma spesso spengo la musica fatta di note, per accendere quella fatta di sentimenti. “Io nel pensier mi fingo”, scrive Leopardi nella sua “L’infinito”, a voler indicare la capacità sua e umana in genere di rappresentarsi delle cose che non si possono vedere a causa di impedimenti oggettivi, come la siepe, nel caso della lirica in questione.

La visione dei paesaggi così come il suo impedimento suscitano nell’animo il desiderio di andare oltre i confini del visibile per cercare di immaginarsi uno spazio in cui sia possibile collocarsi come ente.

Non potremmo vivere senza uno spazio, ovvero senza un luogo in cui essere; per questo Aristotele nega l’esistenza del vuoto, inteso come spazio in cui non c’è niente, ovvero come “non luogo”, utopico, dato che ogni luogo è luogo di qualcosa e dato che questo qualcosa non può non essere, a causa dell’inammissibilità del Nulla per il pensiero greco.

Se il Nulla non può esistere e se tutto ciò che avviene in uno Spazio, allora la realtà degli esseri è quella di accadere in un contesto in cui ciascuno di essi può, passando, lasciare una traccia e dunque una Memoria di Sé. Ecco perché non c’è cambiamento senza spazio, ma soprattutto senza tempo. E sempre Aristotele diceva, infatti, che il tempo è il numero del cambiamento secondo il prima e il poi. E il cambiamento, in quanto essere che diviene, può verificarsi solo nello Spazio, che dunque è ed esiste. 

 

La mia Difesa più grande

 

Da un lato

mi sorride

Benevola

l’Alba mattutina

che gioca

con il Mare.

 

Sento…

nell’Abisso

dei campi

l’umile lavoro

dei contadini

Felici

della potatura.

 

Abito

l’Azzurro

e circondo

la Terra.

 

La mia Terra

le mie Colline…

sono la mia Fortezza.

 

Con Loro

Con le Colline

Non svaniscono

Non muoiono

nella buia Nebbia

e nella violenza del Tempo

i Ricordi dolci e amari

di Amori lontani

senza  Nome

e senza Storia

 

Li custodiscono

per sempre

i Paterni affetti

i latrati dei cani

l’ umile sorriso

di una vecchina inferma.

 

Li custodiscono

per me

Solo per me

dall’Assoluta

e Cattiva

Indifferenza,

da ogni Avarizia

del Cuore…

da ogni Pigrizia

della Mente.

 

 

 

 

 
 

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