lunedì 28 dicembre 2015

Poesia



Il Sole di novembre

Illumina il sentiero di  Novembre
E riscalda  leggermente i brividi.
Preannuncia un Tempo non attuale
Si scopre birichino tra le nubi
Con le sue sottili
Sottilissime
Dita…

Il Sole.

Il Sole di Novembre…
L’eterno che torna in vita
La rara speranza di te
O di  una bella Notizia.

Tra le montagne del mio cuore
E il mare inquieto del mio corpo…
Lui
In assoluta libertà
Sorride giocoso…

Libri per augurare Buon Natale!



Ripropongo in questa sede il mio contributo Un Natale di libri apparso su Il Liofante, periodico della Pro Loco di Colli del Tronto, nel dicembre 2013.

Nell’augurare a tutti voi Buon Natale, vorrei cogliere l’occasione per suggerirvi alcuni regali in libri.
Sicuramente in tempi come questi, in cui consumismo e crisi economica convivono, donare un libro è sempre una scelta conveniente sia perché un libro, in quanto comunicazione linguistica,  è essenziale alla stessa umanità, sia perché i libri - in genere - non costano tanto.
Un libro degno di nota è “Le cose che non ho” scritto recentemente dal francese Delacourt Grégoire e tradotto in italiano per la casa editrice Salani.
È storia di Jo, una donna sposata da anni con un uomo che non è certamente il migliore tra gli uomini possibili.
Eppure la protagonista, proprietaria di una merceria e poi del fortunato blog “Mani di fata”(dalla cui pubblicità riesce ad arrotondare il modesto incasso proveniente dal negozio) continua ad illudersi che lui la ami e non la tradisca, nonostante non sia magra ed avvenente. Continua inoltre a sognare cosa lei e il marito potrebbero fare se avessero più soldi, finché non vince una lotteria. Jo non comunica al marito la notizia di tale colpo fortunato,  per paura che poi egli la amerà solo per i soldi. Egli, scoprendo l’assegno della vincita, lo ruba e se ne va,  per godersi l’inaspettata ricchezza tra donne e altri lussi, salvo poi pentirsi e restituire il denaro non speso (ancora molto!) tramite una lettera di scuse, apparentemente sincera, in cui le chiede di perdonarlo. Jo lo lascerà al suo miserabile destino (di lì a poco morirà di solitudine!), per iniziare, finalmente, a godersi i soldi e la vita: troverà l’amore vero e inizierà inaspettatamente a dimagrire (fino ad indossare la taglia 42!) diventando più attraente. Eppure, verso la fine del romanzo, proprio quando avrà tutto ciò che ha sempre desiderato, si renderà conto di non amare più nemmeno l’uomo con cui sta ora, il classico “bello e impossibile”, che tutte vorrebbero e verso cui invece è ora paradossalmente insensibile.
Il messaggio dell’autore è evidente: spesso le cose che non abbiamo, sono solo delle scuse, per non ammettere che l’insoddisfazione è una malattia dell’anima, che poco ha a che fare con le cose esterne. Un messaggio, questo, straordinariamente natalizio.
Ecco perché, di questi tempi, tornerebbe utile leggersi anche le pagine della scrittrice inglese Virgina Woolf (1882-1941) “Una stanza tutta per sé”, tradotto da poco per le edizioni Newton Compton  a soli 99 centesimi! Fondamentale e all’avanguardia per altri motivi, in quanto tratta il rapporto tra emancipazione sociale della donna e letteratura femminile, il saggio della Woolf contiene verso la fine quasi una prosopopea del libro che, in quanto veicolo di storie e di messaggi, è l’emblema più tangibile della libertà di comunicare e di raccontare… l’emblema stesso dell’umanità.
Buon Natale a tutti in Lettura.

domenica 27 dicembre 2015

Natale e conoscenza

Riporto in questa sede il mio contributo dal titolo Il Banchetto della “Conoscenza” apparso su il Liofante, periodico della Pro Loco  di Colli Del Tronto, nel dicembre 2011


Il Banchetto della “Conoscenza”

Se il prossimo Natale sarà uno dei più poveri in termini materiali, il che non servirà a proteggerci dal consumismo, vorrei fornire qualche suggerimento per arricchire lo Spirito delle prossime occasioni di festa.
Molti scrittori, penso a Platone e a Dante, hanno intitolato alcune loro opere “Banchetto”: Simposio Platone, Convivio Dante.
È in questi scritti l’idea di ripristinare idealmente, seppure con modalità diverse dovute alla distanza temporale che separa il filosofo greco e il poeta italiano, le regole di convivenza proprie di quell’esperienza costituita dal Simposio della Grecia arcaica. Era questa un’occasione di ritrovo dei personaggi aristocratici, talora poeti, della società del tempo. Più che di  un nostro “happy hour” (si trattava di un “after hour” in cui ci si ritrovava per bere (simposio significa “bere insieme”),  suonare, fare poesia, discutere di politica e di amore. Frequenti le occasioni erotiche extra-coniugali, un modo per uscire dalla routine della vita matrimoniale, considerata a quel tempo solo come strumento finalizzato alla procreazione. Il vero Eros, libero ed appagante,  era quello condiviso con belle ragazze o con bei ragazzi (all’epoca erano tollerati omosessualità e  pederastia, per alcune concezioni  culturali che qui  tralascio).
Si trattava di ore trascorse nel segno della condivisione di alcuni valori ed emozioni che, seppur concepiti come svago, definivano e completavano l’essenza dei “cittadini di libera nascita”.
Siffatta condivisione viene trasposta da Platone sul piano filosofico nel suo scritto intitolato proprio “Il Simposio”, concepito come una “riunione” di sapienti - di questi solo Socrate sapiente a pieno titolo - impegnati nelle ricerca del vero “Eros”, che non è altro che l’Amore per la Sapienza, detta in greca sophia, da cui “FILOSOFIA”.
Secoli dopo, in età medievale, Dante, nel suo nobile intento di contribuire alla divulgazione della cultura tra coloro che, per diversi  motivi, tanto materiali, quanto spirituali, sono impossibilitati ad accedere ad essa, concepisce il suo “Simposio”, che egli intitola “Convivio” (alla latina da Convivium,  cum-vivium,  'vita insieme') come un’opera in cui, mescolando prosa e poesia, raccoglie i fondamenti della cultura del tempo: la prosa serve per esporre un tema, la poesia per esemplificarlo. L’intento divulgativo si deduce dal fatto che Dante in questo trattato impieghi, a differenza che in altri, il volgare,  e non il latino, allo scopo di consentirne una più ampia lettura anche da parte di quel ceto di cultura  “media” - la futura borghesia - che, pur non conoscendo il latino, non disdegna di ricevere gli insegnamenti di base, tramite cui contribuire al proprio arricchimento spirituale, oltre che a quello materiale.
E se il medioevo è  considerato una fase di decadenza, economica e culturale, il Convivio dantesco costituisce l’albore di una nuova era, quella rinascimentale, in cui tornerà il culto per la Bellezza e per la Conoscenza.
Con questo pensiero, vorrei condividere con tutti l’auspicio che, come fecero i nostri antichi “maestri”, così anche noi possiamo vivere il  nostro “Simposio” di rinascita. Sarebbe questo il banchetto di Natale più bello.
Auguri a tutti per un Natale di vera condivisione, sia del pane fatto di farina, sia del pane della Cultura.
Come dicevano gli antichi: Ora si deve bere!

Filomena Gagliardi