mercoledì 26 dicembre 2018

mercoledì 19 dicembre 2018

Una mia nuova poesia sul contrasto fra ragione e sentimento


Mente e cuore

Un brivido
ecco
mi pervade

E niente 
allora 
la mia mente 
indaga,
cerca
vuol capire.

Solo il mio cuore
allora
vuole amare 
pur nel rischio 
nella paura 
che tu 
sbaglierai
mi deluderai
ancora 
sempre
ora
ad ogni passo 
parola 
contatto.

venerdì 14 dicembre 2018

Una mia nuova poesia


Nulla per te

Sentirsi Nulla
davanti a te

Essere niente
per te..
.
Affronto questa sfida
ogni giorno
tra cielo
e inferno
splendore 
e buio.

Parola dopo parola
sorriso dopo sorriso
frase dopo frase
il Tempo scorre
noi passiamo
traghettati da una fragile zattera.

Mi perdo ogni volta
mi illudo
mi consolo
mi dispero

Non sono  Nulla
sono poco
seconda scelta
di un fiore più bello
parentesi
passatempo


Sono Niente
per te.

giovedì 6 dicembre 2018

Melanconia e genio

Pubblico in questa sede il mio contributo   Malinconia e genio in Aristotele apparso sulla rivista Qui Libri (settembre ottobre 2018)



«Nelle corde del petto spira profonda malinconia» (Novalis, Primo Inno alla Notte)

Il dizionario etimologico Nocentini, alle voci malinconia/melanconico (p. 660) rimanda a melancolia, lemma ripreso e spiegato successivamente (p. 691) nelle sue trasformazioni melancolia/melanconia/malinconia (A. Nocentini, L’etimologico. Vocabolario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze 2010). Anche Pianigiani (O. Pianigiani, Vocabolario etimologico della lingua italiana I Dioscuri, Genova 1988) spiega malinconia (p. 797) come termine «comunemente detto per Melanconia o Melancolia […] alterato il primo elemento della parola per attrazione della voce Màlo = cattivo». Coerentemente affianca alla forma melanconia anche la forma melancolia, illustrandone poi etimologia e significato per poi concludere, a mio avviso giustamente: «Veramente dovrebbe dirsi Melancolía» (p. 834). Infatti sia melanconia che malinconia trovano la loro origine nel termine tardo latino melancholīa e, ancor prima, nella voce greca melancholía, composto dall’aggettivo melas, nero, e dal sostantivo chole, bile, bile nera alla lettera; suggerisce ancora Pianigiani «umor nero» (p. 797). Altri traducono con atrabile (latino atra bilis). Dopo la breve ricostruzione etimologica di melanconia qui fornita, si tratta di capire meglio cosa essa fosse nel mondo greco. È imprescindibile il saggio Saturno e la melanconia (R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturno e la melanconia, tr. it.di R. Federici, Einaudi, 1983 Torino) soprattutto il capitolo sulla cosiddetta dottrina dei quattro umori, utile per ripercorrere radici ed evoluzione di questa concezione fondamentale dell’antichità. Rielaborando queste pagine, lascerò al lettore la consultazione del resto del volume incentrato, come da titolo, solo su uno dei quattro umori. La tradizione filosofica greca elabora, già in una fase cronologicamente alta, la teoria predetta. Essa fu preparata dai Pitagorici, sviluppata da Empedocle, modificata e raffinata da vari emendamenti successivi su cui non mi soffermerò in questa sede. Il punto centrale della teoria è che ciascuno dei quattro umori (sangue, bile gialla, bile nera, flegma) imiterebbe uno dei quattro elementi naturali (rispettivamente aria, fuoco, terra, acqua); sarebbe inoltre prevalente in una stagione (nell’ordine primavera, estate, autunno, inverno) e infine risulterebbe dotato di una qualità (caldo e umido, caldo e secco, freddo e secco, freddo e umido). Presupponendo una perfetta corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo, se ne deduceva che la salute di un individuo e il suo carattere coincidessero con una adeguata mescolanza (meixis) dei quattro umori, tale che essi e i loro effetti si neutralizzassero a vicenda. Tuttavia, poiché di fatto in ognuna delle stagioni si verificava la prevalenza di una certa condizione climatica, nonché la prevalenza di una certa qualità e dunque, per riflesso, di uno dei quattro umori, era ovvio che la salute e/o una condizione psicologica “perfetta” restavano un ideale. Pertanto si giunse alla conclusione che, se il modello della perfetta salute era solo avvicinabile, la prevalenza di una certa qualità poteva favorire la predisposizione ad una patologia (fisica e mentale), ma non necessariamente determinarla: vale a dire che si stava pressoché bene ugualmente. Dei quattro umori, la bile nera fu quello che –ad un certo punto– cominciò ad essere visto come causa di alterazioni psico-fisiche, se non di patologie vere e proprie, ad esempio la pazzia. Considerata nel IV secolo come la “malattia degli eroi” (per effetto della tragedia) e associata al furore con una connotazione se non del tutto negativa, certamente ambigua (per effetto del pensiero platonico), fu solo nella filosofia aristotelica che essa divenne anche la “malattia” degli uomini di ingegno. Si dovrebbe parlare di filosofia pseudo-aristotelica, in quanto l’associazione melanconia-ingegno è tipica dei Problemata physica. Trattandosi di uno degli oggetti della mia ricerca, mi spiace doverlo affrontare qui in modo cursorio. I Problemata physica sono dunque una raccolta di trenta sezioni, ciascuna riguardante una questione di natura fisica. Ogni sezione è suddivisa in vari testi ‒i singoli problemi‒ ognuno dei quali strutturato in domanda e risposta, anche quest’ultima spesso in forma di domanda. Attribuiti fin dall’antichità allo Stagirita, essi sono in realtà il frutto di un’opera derivante da diversi strati compositivi, in cui confluiscono Problemata scritti autenticamente dal maestro e/o dai suoi discepoli e Problemata scritti dopo la sua morte (322 a.C.) fino ai primi secoli della nostra era: per alcuni studiosi fino al II sec. d.C. per altri fino al IV, per altri ancora fino al VI. I lunghi secoli di gestazione hanno favorito una partecipazione variegata alla stesura, continui adattamenti e tagli, nonché l’infiltrazione di materiale non originario. L’esito è un elaborato ampio, molteplice e non sempre coerente, pur nella sua sostanziale unitarietà strutturale. I Problemata a noi giunti constano di materiale proveniente dalla dottrina genuinamente aristotelica, materiale di autori medici come Ippocrate e Galeno, e infine materiale di scuole filosofiche non aristoteliche. Essi pertanto, nella forma complessiva attuale, non sono aristotelici se con questo aggettivo si intende in senso stretto “scritti da Aristotele”; ciononostante restano aristotelici i temi trattati, per quanto spesso presentati in una forma banalizzata rispetto alla complessità e alla profondità dell’impianto del maestro. Fatta questa doverosa precisazione è possibile ora focalizzare l’attenzione sul primo problema della sezione XXX intitolata Ragione, Mente, Sapienza. Per l’intera sezione si rinvia sia all’edizione complessiva di Ferrini con testo originale, traduzione e commento (Aristotele. I Problemi, a cura di M. F. Ferrini, Bompiani; Milano 2002), sia all’edizione dedicata solo alla predetta sezione da parte di Carbone, anch’essa con testo greco, traduzione e commento (Aristotele, Problema XXX, a cura di A. L. Carbone, Due Punti, Palermo 2009). Per il primo problema, concernente proprio la malinconia, oltre al capitolo di Saxl, KIibansky e Panofsky sopra citato, risulta prezioso il lavoro di Angelino e Salvenchi, un volumetto con testo, traduzione, commento del primo Problema (Aristotele, La “melanconia” dell’uomo di genio a cura di C.Angelino e E. Salvenchi, Il Melangolo, Genova 1981). Ebbene il nostro (Pseudo-)Aristotele esordisce chiedendosi perché tutti coloro che eccellono nella filosofia, nella politica, nelle poesia e nelle arti siano malinconici. Non soltanto gli eroi, ma anche gli uomini di ingegno sembrano posseduti dall’umore nero che agisce sulla componente psico-fisica dei soggetti. Affermare che Empedocle, Platone, Socrate fossero di temperamento malinconico significa porre il vertice assoluto dell’umanità, la filosofia per l’appunto, in stretto contatto con tale inclinazione. Ciò implicitamente presuppone una “rivisitazione” del concetto stesso di malinconia. Considerata infatti come una sorta di patologia, sovrapponibile alla pazzia non solo da Platone (come visto sopra) ma anche dall’Aristotele dell’Etica Nicomachea, nel problema essa diventa una condizione fisiologica che, a seconda della sua gradazione, può produrre diversi effetti. Non è questo di per sé un elemento a favore di chi sostiene l’inautenticità dei Problemata perché incoerenze di questo tipo (diversa valutazione di un medesimo fenomeno) sono presenti anche all’interno delle opere autentiche. D’altra parte però, la prospettiva fisiologica assunta nei problemi apre ad una valutazione asettica e non moralistica del fatto esaminato. E così il nostro autore, descrivendo una serie di casi realmente osservati, mostra che gli effetti prodotti negli uomini dalla bile nera dipendono dalla sua quantità e dalla sua temperatura. Essa infatti per natura è fredda e può sia raffreddarsi ulteriormente che scaldarsi: e così gli individui in cui è troppa e troppo fredda patiranno uno stato di paralisi, torpore, scoraggiamento; quelli invece in cui la bile è non solo eccessiva in quantità ma anche eccessivamente calda, saranno coraggiosi, fuori di sé, e di sentimenti simili. Quando però tale sostanza raggiunge una quantità e una temperatura equilibrate, l’’individuo esprime il meglio di sé perché riesce ad innalzare il proprio ingegno nella giusta misura, senza esagerare: questa è la condizione dell’eccellenza in cui l’uomo ha l’energia giusta per realizzare al meglio il proprio talento senza però rischiare di spegnersi all’improvviso. Tale condizione, tuttavia, anche quando naturale, vive di precarietà: infatti colui che naturalmente è malinconico nelle giuste proporzioni rischia sempre di diventare troppo malinconico per effetto di elementi esterni in grado di influenzarne la costituzione. Fra questi è particolarmente potente il vino capace di scaldare un soggetto rendendolo troppo agitato; se invece il soggetto è già piuttosto “caldo”, il vino, per effetto dell’antiperistasis, lo raffredda inducendolo ad una malinconia fredda, declinata come apatia, torpore, depressione. Spicca per forza esemplificativa l’accostamento tra vino ed eros da cui si evince inoltre che vino e bile nera sono infiammabili in quanto dotati entrambi di aria che, con il calore, si espande: pertanto sono schiumosi sia il vino che l’atra bilis presente nello sperma emesso durante l’atto sessuale: «per questo» deduce l’autore «il vino è afrodisiaco e a ragione Dioniso e Afrodite sono detti reciprocamente legati». Seppur labile dunque, un temperamento stabilmente malinconico al punto giusto, è tipico di persone eminenti. A siffatta conclusione, riepilogata in modo tanto brillante quanto rigoroso, giunge il nostro autore cosicché, se l’incipit presentava l’osservazione che tipi eccezionali sono malinconici, il finale del problema perviene alla certezza che i malinconici sono eccelsi non per patologia, ma per natura. In quanto tratto peculiare dell’eccellenza, la malinconia viene ipso facto riabilitata.



Fritz. Saxl, Erwin Panofsky, Raymond Klibansky, Saturno e la melanconia,. Einaudi, , pp. 401, € 50,00

Aristotele. I Problemi, Bompiani, pp. 611, € 13.50

Aristotele, Problema XXX,  Due Punti, pp. 88, € 9.00

Aristotele, La “melanconia” dell’uomo di genio, Il Melangolo, pp. 52, €5.00

Novalis, Inni alla Notte. Canti Spirituali, Mondadori, pp.166, € 6.40






martedì 4 dicembre 2018

Una mia nuova poesia dedicata ad un attimo di felicità

Per un attimo 

Mi avvicino
e sento
il tremore dentro

sono arrivata
e avverto
dentro
il calore

sono brevi
ma intensi
questi minuti
sempre identici
sempre diversi

si vuota
la clessidra del Tempo
con orologio biologico
consapevole
istintivo
sappiamo salutarci

e intanto cammino ancora
scaricando ogni tensione.

Per un attimo
ancora
non capisco.

Sento solo una cosa:
un infinito bene
senza concetti
senza morale
senza scopo.

Per un attimo
è eterna
la felicità.

giovedì 22 novembre 2018

Una mia nuova poesia

 Sentirsi 

Sentirsi
vicini
ovunque

sentire
lontani
la stessa cosa

guardare 
a distanza 
la stessa direzione

riconoscersi
nelle imperfezioini

ricordare 
cose remote
precedenti
lontane
in apparenza

mercoledì 14 novembre 2018

Una mia nuova poesia sul mare, la libertà e il loro sapore


Già il sentore del mare

Assaporo la libertà
camminando per la città.

Respiro già
sulla pelle
il sentore del mare

indosso
ali di vento
scarpe leggere

per correre
approdare
uscire da me stessa.

Giungendo 
alle tue onde 
cangianti
mutevoli
increspate

troverò
la bianca spuma
della vita
il candore della luce
il profondo del mio cuore
rubino
voiolace
sanguinante
vivo 
tenace.

Mi distenderò
umile 
guardando il cielo
sperando nelle stelle
nell'attesa di un sorriso.


lunedì 12 novembre 2018

Una mia nuova poesia sulla carta in cui si scrive

La carta (la saga continua...)
  
È ancora sostanza
È ancora paziente
perla tra le mani
mentre scricchiola
e sa
di antico
parla di me
di te
di noi. 

Contiene:
frivolezze
profondità
piaceri

È testimone
del nostro scambio
della condivisione
di ciò
che le mani toccano
accarezzano
sfogliano

di ciò
che gli occhi leggono.

La carta:
il materiale perenne
dove è scritta 
la Storia umana
ogni Storia
la più silente
segreta
comunicabile.

venerdì 9 novembre 2018

Una mia nuova poesia di domande


 Domanda aperta

Scivolo 
nella pioggia
Cammino
tra gli alberi
Intesso 
insieme parole
Bevo un calice
e intanto
....
la malinconia
la nostalgia
entrano in circolo
fanno il  loro corso 

Una sola domanda
però 
mi pervade 
non mi lascia
mi possiede...

Impossibile dirla
bello pensarla
emozionante
se tu
la indovinassi!

giovedì 8 novembre 2018

Una mia nuova poesia sulle parole, sulla scrittura, sui rapporti umani

 Le parole

Non si spiega...
come potrei?

Non si dice
non sarebbe lecito
per me....

Non posso...
una mare infinito
di 
non posso
non voglio 
non devo.

Solo la scrittura 
lega
fonda
crea.

Scriviamo
e nascondiamo
amiamo
viviamo
talora odiamo.

Quando 
per caso
troverai
un giorno
le mie parole
ti prego
leggile
amale
baciale

ma non deriderle
non deridermi
non sprezzarle
non sprezzarmi
in un bar affollato
tra amici
caffè
bicchieri vuoti.

Quando il Tempo
ci renderà
estranei
assenti
indifferenti

resteranno 
LORO 
tènere e potenti tessitrici
a tenerci legati
in qualche modo
a distanza

a tenere in vita
ciò che non è stato
il Nulla,
il Limbo infernale
che ci circonda
ci condanna
ci assolve.

Ma loro 
le parole
amano
sono innocenti 
non hanno colpa
loro 
povere testimoni
di un Amore impossibile
ma Bellissimo
se solo possibile
lo so... 
lo sai.

Cancelliamo le parole
azzeriamo tutto
e Niente resterà
per il Niente
che Niente merita...

Resterà 
il Vuoto
uno spazio infinito
da ri-scrivere tutto
in un altro mondo
in un'altra vita
in un altro TUTTO. 

Il tutto 
siamo Noi
infiniti
divini
stupendi
per sempre
oltre le parole
oltre il Vuoto
il Tutto
il Nulla.