I
doni dell’Autunno
L’Autunno, come si sa, è il periodo
della vendemmia e della produzione del vino. E i Greci, che sono stati i primi
ad insegnarci a vivere, ad amare, a filosofare, hanno riflettuto pure sul
significato del vino, bevanda che l’uomo può bere solo combinata ad acqua, mai
pura, bevanda in qualche modo temuta, per i suoi effetti, ma al contempo amata
e desiderata. Il poeta greco Alceo (VII-VI a. C) riconosce al vino la proprietà di essere uno
“strumento mediante cui l’uomo può conoscere se stesso”. L’uomo un po’ brillo,
in effetti, si trova in uno stato psico-fisico di debolezza e nella debolezza
ognuno può manifestarsi a se stesso e agli altri. Sempre Alceo, inoltre, definisce
il vino come “verità”. Egli considera come migliore fra i farmaci l’idea di
farsi portare del vino e di ubriacarsi. Ciò è giusto nella misura in cui, ci
insegna ancora il poeta, fu lo stesso Dioniso a donarlo agli uomini quale dono
in grado di far dimenticare il dolore e le pene. Il tragediografo Euripide (V a. C) in un passo delle Baccanti va ancora
oltre, affermando che è Dioniso stesso, identificato con il vino, a “far cessare
le nostre cure, qualora i grappoli splendenti di uva giungano nei banchetti
divini”. Il vino è dunque dono divino, e dal Dio viene solo il Bene per l’uomo,
come ci insegnano filosofi della tempra
di Socrate o Platone. Il vino è
strumento di filosofia se il vino, come scrive proprio Platone, è “veritiero”,
nel senso che è esso stesso sincero e induce l’uomo ad essere sincero. Scriverà nel III sec. a. C il poeta ellenistico
Teocrito: “necessariamente noi -essendo
ubriachi- saremo anche veraci”. Egli trae tale massima proprio citando un frammento
di Alceo, che ho sopra riportato a braccio: “ si dicono contestualmente, caro
fanciullo, vino e verità”.
Comunque buon vino a tutti: in vino Veritas
Lascio una mia poesia a tema dal
sapore autunnale. Ad maiora.
Settembre
È arrivato
Settembre.
Un brivido
sulla pelle
un lungo battito
nel cuore.
Ricordi
Impressioni
Immagini…
Impronte eterne
di Autunni passati
di sogni infranti
di giornate
ancora calde
di dolci serate
al passeggio
sotto la luna.
Una chiesa
un borgo
un sentiero…
Impavida
Ti tengo ancora
la mano,
la stringo
ci gioco
la abbandono.
Mi abbandono
Io stessa
all’estasi
di un rapido desiderio.
È settembre,
il tempo dell’ebbrezza.
È lecito
in questo mese
in questa stagione
in quest’ora
Osare.
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